Ci sono artisti che hanno fatto della interdisciplinarietà la chiave della propria esperienza artistica.
Per alcuni di loro, ad esempio, la fotografia è la matrice di partenza su cui applicare una successiva manipolazione, talvolta radicale. Per altri, invece, l’immagine costituisce l’atto finale di un processo creativo che si materializza a partire da un gesto oppure da uno spunto concettuale.
Vincent Berg appartiene alla seconda categoria. La sua intuizione artistica ci lascia increduli di fronte ad una suggestione che scava direttamente nell’anima senza comportare la necessità di una elaborazione cosciente.
Ricordo come fosse ieri l’emozione provata davanti alla tv durante una puntata dello splendido programma Passepartout del compianto Philippe Daverio. Era dedicata proprio al maestro belga. Sarà la terza volta che scrivo di Berg e non ho più dimenticato quel documentario. Daverio, come me, adorava le creazioni di questo artista eccezionale, tanto da avere appeso alle pareti del soggiorno due gigantografie.
La serie intitolata De Simmetria Cerebri si materializza attraverso un’esperienza creativa assolutamente geniale.
Berg è solito passeggiare lungo la battigia di una spiaggia in cerca di oggetti e ispirazione. Raccoglie tronchi, legna, rami, sassi, qualunque elemento naturale susciti il suo interesse. Li ricompone, talvolta sul posto ma più di frequente nell’atelier, effettuando lunghi e pazienti rimaneggiamenti fino a quando tutto è pronto per l’atto finale. Una fotografia ad alta risoluzione, talvolta ripresa dall’alto di una scala, comprime in un solo scatto questi imponenti assemblamenti.
E qui si accende la magia.
Specchiando l’immagine fotografata con un semplice passaggio informatico, queste complesse composizioni prendono improvvisamente vita lasciando emergere la loro natura bestiale e latente.
Così nascono i mostri di Vincent Berg. Spettacolari composizioni dense di angoscia, di inquietudine, di atmosfere dai richiami mitologici e fantastici.
Sono forme zoomorfe, visioni ancestrali che non sono insite nelle cose ma prodotte dalle cose stesse nel preciso istante in cui stabiliscono un contatto con la nostra percezione.
Sembrano frattali ipnotici, apparentemente legati a forme indistinte, eppure sono riconoscibili per dettagli minimali dagli effetti dirompenti, perché muovendo i nostri occhi su queste forme affascinanti ci incagliamo improvvisamente su alcuni elementi folgoranti: zanne, fauci, organi di senso, stranianti eppure così vividi.
Sono occhi, soprattutto, magnetici e penetranti al punto da lasciarci pietrificati, come colpiti dallo sguardo agghiacciante di una orrenda gorgone.
Riaffiora in me quel senso di terrore sospeso provato durante la visione del celebre film Alien di Ridley Scott. Stesso presagio di un orrore immanente, stessa incombenza immobile e glaciale.
I mostri di Berg sono strutturalmente incompiuti e quindi perfetti nella loro inafferrabilità. Le simmetrie generate dai ribaltamenti di immagine evocano una unità formale che non si concretizza mai in un disegno completamente riconoscibile.
Trovo irresistibile questo contrasto dai risvolti geniali, dove alla poesia del recupero dei materiali poveri e all’elegante complessità delle composizioni scultoree fa da contrappunto la dirompenza comunicativa di forme brutalmente organiche.
Quello creato da Vincent Berg è un paradosso grandioso: la vibrazione fortissima di una paura insita nel nostro stesso inconscio, stimolata dalla semplice visione di una natura morta.
Questo il sito dell’artista: http://www.vincentberg.it/project/desimmetriacerebri
Qui il documentario su vimeo: http://vimeo.com/10592637
E questa la fantastica intervista di Philippe Daverio: http://www.youtube.com/watch?v=2cJNwbrPlvw
Comment
Magnifica descrizione, caroOmonimo, ancheperché parlare efficacemente di uno come Berg non sarebbe semplice per nessuno, credo.