Avevo da poco scoperto Franco Fontana grazie al ritrovamento fortuito di un catalogo tra i libri di casa e così mi venne voglia di acquistare alcune monografie fotografiche. Le mie conoscenze in merito erano ancora agli albori e cominciai a cercare un po’ a caso, come si fa quando mancano le coordinate per orientarsi.
Un giorno entro molto motivato in una libreria di Largo Argentina e comincio a grufolare nel piccolo settore fotografico. Vengo subito attirato da un grosso volume con la costola rossa; su di essa è impresso un nome a grandi caratteri: JEANLOUP SIEFF.
Non sapevo chi fosse ma conoscevo bene la Taschen, storica casa editrice tedesca specializzata in pubblicazioni d’arte, capace di produrre magnifici volumi dallo straordinario rapporto qualità/prezzo. La copertina non mi invoglia un granché, una elegante modella ripresa di spalle, in bianco e nero. Storco il naso, sono anni in cui non vado matto per il bianco e nero, meno ancora per il fashion.
Lo apro e scorrendo velocemente le pagine quasi svengo, come in preda alla sindrome di Stendhal. I miei occhi cadono in rapida successione in uno spassoso ritratto di Hitchcock, su un fondo schiena femminile affacciato alla finestra di un anonima parete esterna, infine dentro un reportage sulla Death Valley.
Ecco riassunto Jeanloup Sieff. Trasversalità, ironia, incisività. Un autore capace di lasciare il segno nella storia della fotografia con qualunque genere di scatto, esibendo uno stile sfolgorante, uno spiccato senso dell’umorismo ed una tecnica che hanno fatto scuola. Il volume l’ho preso subito, lo guardo spesso e ora fa la sua bella figura in soggiorno accanto a Fontana, Newman, Salgado e Kenna.
Mi ci volle poco per appurare quanto Sieff avesse condizionato la cultura fotografica rinnovandone estetica e contenuti. Il suo nome è definitivamente associato al fashion grazie alle storiche collaborazioni avute con testate prestigiose come Elle, Look, Glamour, Vogue, Queen: copertine in serie e servizi di moda rivoluzionari.
Sono tanti gli aspetti innovativi del suo modo di fotografare ma uno in particolare mi colpì immediatamente: l’uso spregiudicato delle ottiche a corta focale, tutt’altro che di uso comune nelle foto di moda di quegli anni spesso irrigidite da schemi di ripresa piuttosto convenzionali.
Sieff era un genio e associava alle sue personalissime inquadrature situazioni e prospettive inedite. Una scuola preziosa che ancora oggi non si finisce mai di studiare.
Ecco perché adoro tutte le sue foto, anche quelle di moda sebbene sia un genere che non mi appartenga. Era capace di creare visioni elettrizzanti divertendosi ad accendere dei veri e propri cortocircuiti visivi tra modella e contesti spesso anomali. Una scintilla che, alla resa dei conti, era assolutamente funzionale.
Tra i molteplici scatti emblematici del suo talento poliedrico trovo veramente spassosa la foto con Alfred Hitchcock, uno dei suoi scatti più celebri e riusciti. Difficile da catalogare: se guardate la figura corpulenta del grande regista mettersi in gioco mentre finge di tendere un agguato alla modella, possiamo senz’altro relegarla alla categoria di ritratti.
Un ritratto tutt’altro che intimista; ambientale, piuttosto, alla maniera del grande Harold Newman di cui parlerò in altra occasione. Se però vi concentrate sulla figura femminile potreste certamente ritagliarla dal contesto e riconoscerla come una delle sue magistrali foto di moda, così spiazzanti per il loro geniale fuori contesto.
Lo sfondo costituito dalla casa del film Psyco, invece, contornata da un desolante prato inselvatichito, potrebbe benissimo essere preso isolatamente come uno dei suoi ruvidi paesaggi. Tre foto in una, tre anime del grande fotografo, peraltro non le uniche.
Quella volta, mentre sfogliavo il catalogo, rimasi spiazzato dalla visione di un’altra immagine: un bellissimo nudo in interno. Un dettaglio mi lasciò basito: la capacità di dare naturalezza ad una situazione che di naturale non aveva proprio niente.
Una splendida modella, semi-sdraiata su un letto spoglio come lei, mostra le sue grazie posteriori in una situazione che, anche fisicamente, doveva essere tutt’altro che rilassante. Un genere di posa che è stato una costante nei suoi nudi.
Eppure quel corpo ha un candore statuario che induce solo ad ammirarne la bellezza, senza dinamismi e orpelli; allineato alla diagonale dell’inquadratura accompagna il nostro sguardo verso l’angolino dove è collocato il protagonista secondario dello scatto; un’abat jour che proietta sul muro un’asola di luce a forma di fondo schiena.
Una sottigliezza rispetto allo strepitoso ritratto di sedere che sporge dalla finestra. Una situazione non proprio elegante che però nella sua rappresentazione non ha nulla di volgare, come in qualsiasi foto di Sieff, capace di esprimere grande erotismo sia attraverso il corpo femminile che con i paesaggi, riuscendovi magistralmente quando sono presenti entrambi.
Sieff è capace come pochi di valorizzare il corpo delle modelle avvicinandolo con soluzioni a volte trasgressive ma senza privarlo di naturalezza. Le sue donne sono ragazze con la loro personalità corporea, talvolta non priva di lievi difetti, veri e pulsanti.
L’occhio di Sieff indugia rispettosamente e con un velo di commozione su forme e dettagli che esaltano la verità della loro presenza.
Un’altra foto, infine, mi aveva impressionato moltissimo per la sua comunicatività. Faceva parte dello strepitoso reportage degli anni ’70 nella Death Valley, rimasto nella storia della fotografia e tra i più belli che mi sia mai capitato di vedere. Un lavoro intriso di lirica bellezza, una vera lezione di arte e poesia fotografica.
La foto era quella celebre del volante della sua auto, una Dodge, con sullo sfondo, dietro il parabrezza, i profili desertici e montagnosi del deserto americano. Forse mi aveva colpito perché, come detto, ero passato da poco su quelle strade durante il mio viaggio di nozze, assaporando quel magnifico senso di libertà e di avventura che le routes americane possono suscitare in chi le attraversa in auto.
Un’immagine da brividi che mi aveva fatto ripiombare nel silenzio assordante e nel caldo assoluto di quell’ambiente estremo.
Ho sempre trovato esaltante questa inquadratura per il piacevole bilanciamento di curve e di diagonali visibile dall’interno dell’auto. Tutto il reportage, che scoprii in un secondo tempo, è un manuale di post produzione analogica in fase di stampa che Sieff applicava con vigore. Uno dei suoi modernissimi marchi di fabbrica.
Soprattutto nei paesaggi era solito usare con abilità mascherature, bruciature, vignettature con le quali otteneva un restringimento delle inquadrature in grado di esaltare la drammaticità dello scatto e di veicolare l’attenzione dell’osservatore sugli elementi focali della sua geniale composizione.
Ombre molto sature, contrasti netti e ruvidi, una intensità espressiva dai toni quasi esasperati: tutti ingredienti basilari del suo stile inconfondibile.
Con Sieff ho provato il raro privilegio di emozionarmi per delle fotografie appartenenti a generi lontanissimi dai miei gusti personali. Tutte, in ogni caso, mi hanno aperto gli occhi sulla necessità di guardare le stesse cose con occhi sempre nuovi e liberi.
Nella mia trilogia dell’ispirazione Jeanlup Sieff rappresenta certamente l’anima più creativa ed emozionale.
https://www.jeanloupsieff.com/
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